martedì 1 novembre 2011

HO UCCISO MIO MARITO



"THE LAST CHAPTER"
LE COSE CHE NON TI HO MAI DETTO
(seconda ed ultima parte)
L’unica cosa che posso dire a mia discolpa, se può in qualche modo servire a qualcosa, è che io, ve lo giuro, non credo di aver mai avvertito il minimo barlume di lucidità in quei pochi, lunghissimi attimi. Non lo so. Se penso a donne come Lorena Bobbit o anche Lucrezia Borgia e tutte le mie colleghe assassine (o quasi) non posso fare a meno che esclamare un bel “Minchia!!!” e poi applaudire di conseguenza. Quanto tempo hanno passato ad organizzare tutto con una precisione tale da fare invidia ad un boyscout svizzero? Oggi, addirittura, riesco pure a farmi una risata se penso che solo pochi giorni fa ho sentito in tv l’ultima dichiarazione di Patrizia Reggiani che afferma di “non voler uscire dal carcere” in cui si trova dopo aver commissionato l’omicidio del consorte Gucci. E, dicevo, lei non vuole uscire dal carcere perché non è abituata a lavorare e quindi chi glielo fa fare di uscire e sbattersi  visto che lì mangia beve e se ne fotte? Ok, anche lei non ce la fa, probabilmente. Probabilmente neanche io ce la faccio ma io non sono una donna. Non vivo nè penso nè sento come una donna. Io sono un povero pazzo che, come loro, non ha saputo reagire in modo diverso ed ora sono qui e non riesco a perdonarmi né tanto meno a pentirmi del gesto che ho compiuto. Quello stesso gesto che ha fatto di me una persona nuova. Una persona che ora è libera ma che non potrà mai tornare a sorridere.
Era tenero mio marito. 
La tenerezza che provo ancora oggi, se mi torna in mente il suo viso, invade tutto il mio essere. Se ripenso a lui non posso fare altro che provare una tenerezza infinita. Penso a quando mi soffermavo a guardarlo mentre camminava: era goffo a volte, ma io adoravo la sua camminata. Allo stesso modo adoravo quando si sistemava ripetutamente i capelli, quando mi faceva delle domande, quando, per chiedermi le cose, quasi si attaccava con il suo viso al mio tanto era vicino, quando mi guardava e chissà cosa pensava, quando stava fermo in piedi in quello strano modo che a me faceva sorridere, quando cercava di giustificarsi per cose stupite ed io lo punzecchiavo, quando era in imbarazzo e diventava tutto rosso. Quanto lo amavo, quanto ancora lo amo e chissà per quanto tempo ancora continuerò ad amarlo. Solo che adesso lui non c’è più. Nessuno avrà mai la minima idea di cosa significhi per me tutto questo, di quanto io stia soffrendo, oggi più che mai, di quanto a lungo scorrano le lacrime sul mio viso e di quanto lunghe siano le pre che passo a pregare Dio affinchè possa liberarmi da questo martirio, da questo inferno! Rimane un’unica verità, quella che mio malgrado devo accettare, ed è il tuo viso davanti ai miei occhi che però non potrò mai più toccare. Fino alla fine dei miei giorni. Questà sarà la punizione che in eterno dovrò scontare. Il tuo viso che non si allontanerà mai dai miei occhi, in eterno. Ma come posso disperarmi ed imprecare? Perché continuo, imperterrito, a pensare di aver perso qualcosa che, in realtà, non ho mai avuto? Perché?
Ad ogni modo oggi, mentre fumavo l’ennesima sigaretta davanti alla finestra che da sulla strada, ho visto passare un ragazzo che somigliava al mio amato, defunto marito. Si, gli somigliava talmente tanto che per un attimo ho pensato fosse veramente lui. Tanto che per un attimo, vista l’ora, ho creduto che fosse proprio lui, che si, stesse tornando dal lavoro come succedeva prima e, quasi in trans, ero oramai in procinto di accoglierlo e saltargli addosso felice come un bambino ed urlargli “Ti ho visto!!!”. Quanti scherzi fa una mente che soffre... infatti nello stesso momento ho avuto una fitta al cuore in contemporanea con uno degli ultimi ricordi che ho di lui. Credo sia giusto ora parlarvene. Credo sia giusto raccontarvi cosa successe il giorno prima della catastrofe. Era quasi giunta l’estate e mio marito era appena rincasato e voleva sistemare non so cosa sul suo pc. Solo che alcuni giorni prima  tra noi c’era stata una grossa lite, una di quelle liti che fai fatica a dimenticare e/o a perdonare. E dopo un litigio e la naturale conseguenza di non rivolgersi più la parola per giorni interi, mio marito, che Dio l'abbia in gloria, venne da me con la scusa più idiota che poteva trovare. Lui era un genio assoluto di Internet. Un vero fottutissimo genio. Io no. Accendo il pc e lo spengo. Quello è il mio massimo traguardo... e lui questo lo sapeva bene. Timidamente si avvicina a me. Io ero una lastra di marmo. Stavo scrivendo e non ho neanche voluto alzare la testa dopo il suo saluto.
Mi disse:
"Posso farti una domanda?".
Non risposi e continuai a scrivere.
Così lui continuò con:
"Tu sai come si fa a collegarsi da qui tramite wireless?".
Dentro di me il gelo. Poi le fiamme. Tutte quelle dell'inferno.
Non poteva farmi una domanda del genere.
Non era possibile ed era assolutamente privo di ogni logica.
Stavo esplodendo.
Alzai la testa e risposi:
"Non è a me che devi fare questa domanda! Tu questa domanda a me proprio non devi farla! Poi voglio dire... se non lo sai tu, siamo veramente messi male...".
Vinse, anche quella volta, la signora che c'è in me, si quella buona, perchè in realtà la cagna che ho dentro stava morendo dalla voglia di rispondergli ben altro. E allora eccole, eccole qui quelle stramaledette parole che non ho mai osato dirti. Quella parole che, ancora oggi, bruciano dentro di me e non mi danno pace, eccole!
"Ma scusa, io sono mai venuto da te per chiederti come si fanno i pompini???".


THE END

Nessun commento:

Posta un commento