martedì 15 novembre 2011

LA MORTE

Ebbene si, giusto oggi raccontavo ad alcuni amici, con cui mi trovavo al bar, che l'estate scorsa (piena di un amore che è passato?) non ho fatto altro che sognare ogni santa notte e ogni santo giorno (si, perchè io di giorno facevo anche la pennichella!) l'uomo della mia vita. Si, l'uomo della mia vita esiste ed ha una serie di problemi che  sono talmente complessi da spiegare che secondo me non ne verrò mai a capo e allo stesso tempo sono fermamente convinto che il "venire a capo" a questa situazione così complicata sia veramente un gioco da ragazzi. Il mio problema? Ve lo voglio spiegare subito: per prima cosa si sa che quando uno è preso non riesce a vedere  con chiarezza neanche le cose più banali e poi, cosa fondamentale, non sono più un ragazzo, quindi, non ne verrò mai a capo. Si, per tornare un attimo ai miei amici del bar, penso di averlo già largamente espresso tra le pagine di questo blog questo amore così idiota, ma non l'ho mai espresso a loro. Si, un motivo ci sarà. Si, loro non sapevano di questi miei tormenti e si, questa mia affermazione non poteva che far nascere una complicatissima discussione post caffè sulla psicologia. Sulle psicologie a dire il vero, perchè in realtà sono due: quella Freudiana e quella pret a porter. Si, mi sembra alquanto inutile starvi a spiegare la differenza tra le due. Si, ve la spiego. La psicologia Freudiana, come tutti sanno, si basa su due personaggi che a tutti noi stanno molto a cuore, e sono: Figa e Cazzo. La psicologia pret a porter non è altro che la psicologia che tutti si sentono in grado di spiegare solo ed esclusivamente sulle basi delle proprie esperienze e che non sempre, a mio avviso, risulta veramente attendibile. Si, la psicologia spicciola per intenderci. Si, siccome dal trattato di psicologia domestica con i miei amici non sono riuscito a venirne fuori, ho pensato che vorrei dire una cosa. Si, vorrei solo dire che io ho pochissime certezze nella vita, e una di questa è sempre la solita: IO NON SBAGLIO MAI. Si, non sbaglio mai e sono assolutamente convinto che la fortuna stia "seriamente" dalla parte degli audaci. Si, mi ritengo audace. Molto audace. Talmente audace che credo fermamente al fatto che Dio e la sua commissione interna, dopo aver attentamente valutato il mio caso, abbiano deciso all'unisono di regalarmi il marito perfetto. Si, perfetto: mi manda gli sms dandomi della sporca lesbica, mi fa le ricariche, mi invita a cena, mi porta a cena, mi paga la cena, mi compra i libri che adoro, mi telefona quando sto per entrare in riunione al lavoro, mi telefona mentre sono in riunione al lavoro, mi telefona quando ho finito la riunione al lavoro, si incazza se non esco con lui, insomma un amore perfetto. Si, perfetto. Si, peccato però che io stia ancora morendo dietro ad un altro che si, muore anche lui ogni volta che pensa a me, ma muore dalla voglia di vedermi morto!




La Morte
L'arcano n. 13 rappresenta la Morte, premessa necessaria alla rinascita. Superato, infatti, lo stato profano, il passaggio iniziatico, la prova trasformatrice, si rivivrà e meglio, immersi in una nuova condizione di sacralità. Rispetto alla raffigurazione tradizionale, qui lo scheletro ha le ossa tinte di rosa carnicino, colore rappresentativo di tutto ciò che è umano, e impugna la falce con la mano sinistra in modo da disegnare con essa la lettera mem dell' alfabeto ebraico. La falce dal manico giallo, colore della terra, ovvero della materia, ha lasciato al suolo un piede, una mano e una testa che sembrano, però, non aver perso vitalità ed espressione, quasi a indicare che niente muore del tutto e che ciò che sembrava perduto si è solo trasformato e continuerà. Di ciò che l'uomo ha fatto, pensato, sognato, delle sue idee (testa) e delle sue azioni (mani e piedi) permane, dunque, una traccia anche molto dopo che la Morte ne abbia trasformato il corpo materiale in polvere. La carta illustrata in questo testo, contrariamente alla maggioranza dei mazzi, riporta nella didascalia il nome dell' arcano che, normalmente non compare oppure compare come "IL TREDICI", si preferisce, infatti, lasciare la spazio in bianco, per esorcizzarne l'oscura pericolosità, il tabù legato alla morte, evitando perfino di nominarla o chiamandola diplomaticamente l'innominabile. 

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