sabato 14 aprile 2012

TRUE STORY


PROLUSIONE
- Ho bisogno di una bella introduzione per il tuo pezzo... ma mi sono bloccato. Idee?
- Mmm David, non ho idea. dipende un po' dal contesto in cui la inserisci. Non so se resta un post isolato o se hai intenzione di raccogliere altri "tranches-de-vie" reali da pubblicare. Se così fosse basterebbe fornire le istruzioni per l'uso, che diventano a loro volta un invito a chi ha qualcosa da raccontarti, a farlo... Due righe stringate penso possano bastare.
- Ottimo! Vediamo che succede...


G./1.
La vita di G. era iniziata con una disgrazia.
Da bambino, dormiva sempre nel letto con la madre, il babbo non c'era mai a casa.
Una notte, la madre morì nel sonno e lui si risvegliò accanto al suo cadavere e la vegliò finche non arrivò qualcuno a casa. 
Non avere nemmeno coscienza dell'esistenza della morte e scoprirla in quel modo.
G. crebbe un ragazzo fragile, cresciuto da una sorella attivista di sinistra che dovette fargli da madre e da padre insieme.
G. scelse di frequentare una scuola dove il bizzarro e l'inconsueto erano la regola. Ma questo non gli servì. 
G. Viveva in un mondo tutto suo, dove inventava cose e persone. Un giorno mi insegnò il mio lavoro, perchè me lo ritrovai come collega. Ci impiegaì anni a smontare l'eccesso di idealizzazione che metteva nei progetti, e che mi aveva trasmesso.
Un giorno decise di andare a lavorare in un supermercato e non lo vidi più. Di lui sapevo solo che si innamorava continuamente e segretamente di soggetti impossibili ed inavvicinabili. 
Più qualcosa era improbabile e più ne rimaneva affascinato.
G. non accettava i cambiamenti. Voleva cambiare lui le cose. Aveva il rifiuto del computer che gli venne imposto di imparare ad usare e finiva in malattìa perchè somatizzava questo odio per il pc con terribili mal di testa.
Ciononostante al lavoro era apprezzato e gli era stato costruito intorno un ambiente che gli rendeva possibile imporre la sua inflessibilità, così come nelle piccole cose pratiche di ogni giorno, anche nel sostenere le sue invenzioni e progetti, frutto esclusivo della sua immaginazione di artista integrale.
Un giorno G. commise l'errore di innamorarsi dell'ennesimo personaggio impossibile, che però questa volta era un collega.
Il collega simulò interesse ed arrivò a dargli un appuntamento che G. accettò. In questo appuntamento si dichiarò in modo grottesco ed ingenuo con questo soggetto che era solo interessato a scardinare l'imperscrutabilità del suo superiore.
Il giorno dopo, il disastro: G. era messo alla berlina da tutti i subordinati che era riuscito a gestire col suo modo distante di fare, che lo aiutava tuttosommato ad essere sìa autorevole che temuto. Il collega lo aveva sputtanato.
La vita all'interno del supermercato era diventata per lui impossibile.
Un giorno una facoltosa zia di G. morì lasciandogli una somma cospicua. Questa fu la sua disgrazia. G. si licenziò immediatamente, forte di questa sicurezza materiale.
Poco per volta, senza un lavoro, il suo mondo interiore ed immaginario, presero il sopravvento. Era completamente staccato dalla realtà e non riusciva o non voleva più ne reinserirsi in un ambito di lavoro, ne cercare relazioni.
G. seppe che io non stavo bene ed avrebbe voluto chiamarmi, ma non lo fece.
G. si è suicidato. Lo hanno trovato in casa con un sacchetto di plastica in testa. Nessuno tra quelli che aveva vicino aveva saputo cogliere il suo disagio: era stato spinto ancora più in basso da chi dava ragione ai suoi racconti circa l'ambiente di lavoro dove in realtà, i superiori, venuti a conoscenza dell'accaduto, gli avevano offerto un trasferimento ed anche vantaggi economici che lui rifiutò. 
Non ci fu un funerale per G., solo la cremazione. Aveva lasciato tutto scritto.
Fu possibile salutarlo solo immaginandolo nella sua bara già chiusa attorno la quale c'erano alcune sue foto da bambino ed i suoi ultimi lavori, quelli che faceva in casa nel periodo in cui sprofondò in se stesso: maschere. Visi muti e sordi. Le persone che aveva immaginato, forse, quelle di cui si era innamorato, o quelle che semplicemente lo avevano osservato senza mai capire chi fosse veramente.
Non gli perdonerò mai di non avermi chiamato quando sapeva che stavo male. Non lo aveva fatto per paura di disturbarmi.
Fu il suo ultimo errore.



P.S.
Ai più attenti lettori capiterà di leggere dei post con iniziale e numero. Storie vere di persone che ho avuto la fortuna di conoscere e di altre che non ho mai conosciuto personalmente ma che hanno segnato il cuore di gente a me cara. Non si vuole giudicare niente e nessuno con queste testimonianze, ma credo che  sia importante perlomeno mettere nero su bianco l'esperienza individuale di persone che come me, o noi, si ritrovano ancora oggi ad affrontare giorno dopo giorno problematiche inerenti alla loro sfera sessuale. Per la storia di G. ringrazio di cuore un carissimo amico che non citerò per rispetto della sua privacy, ma ci tengo a sottolineare la mia sempre più grande stima. Se qualcuno di voi volesse contribuire potrà farlo inviandomi una mail alla pagina Facebook. 
Aspetto?



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