domenica 8 maggio 2011

BEDTIME STORIES NUMBER 4.

C'era una volta un bambino. Ma non era un bambino come tutti gli altri. Era un bambino molto, molto speciale. Lui riusciva a vedere cose che gli altri non vedevano ma nessuno voleva mai credere alla sue parole. Gli altri, si sa, hanno paura della verità e preferiscono tacere o negare. Per questo motivo tutti lo evitavano e pensavano che fosse un pazzo. Un visionario che passava il tempo a bombarsi di prozac o sonniferi. Uno che non aveva un cazzo da fare nella vita se non inventarsi un mare di balle con lo scopo di risultare "scemo" per poi, di conseguenza, non dovere mai andare in "guerra". Ma non era così. Questo bambino non riusciva a dire le bugie e diceva a tutti quello che sapeva ma.... nulla, per tutti lui era un freak da additare e tenere alla larga. Crescendo le cose non cambiarono. Un giorno, per caso, si trovò a leggere questa rubrica e decise di fare un giro al parco. Si recò lì dopo una lunga e pesante giornata di lavoro. Fece un giro presso i boschetti incantanti e notò subito che, forse data l'ora, non c'era nessuno lì pronto a fare con lui le porcate di cui tanto si parla in questi racconti. Decise di sedersi su un tronco di albero che era stato tagliato tanto tempo fa e che da allora fa un pò da sgabello naturale in quella zona verde e frequentata da assidui e vogliosi passeggiatori. Accese una sigaretta e si mise a pensare alla sua vita. Alla vita delle persone a cui voleva bene. Cercava dei motivi validi che potessero trattenerlo su questa terra ma non riusciva a trovarne, e si avviliva: "Perchè? Perchè?" - si ripeteva senza tregua - "Perchè mai non possiamo scegliere di andar via quando vogliamo? Perchè le nostre emozioni più di ogni altra cosa ci tengono qui, in questa prigione, dove non ha assolutamente senso tutto quello che facciamo, perchè tanto dovremo comunque andare via prima o poi, e allora perchè non possiamo sceglierlo noi il momento?". Era veramente triste e non riusciva a capire. Mentre continuava a pensare ritornò un attimo in sè e notò che davanti a lui si era fermato un ragazzo. Rasato, magro, alto. Era il "telefonino", chiamato così da tutte le vecchie regine del parco perchè usava battere con il telefono in mano facendo credere a tutti di essere sempre impegnato in importantissime discussioni personali. Tutti sapevano però che come metteva piede al parco mandava un sms alla sua mamma che di conseguenza gli faceva uno squillo. Comunque, che la gente sia strana lo sappiamo tutti, come tutti sappiamo che all'autore di questo brano non sfugge nulla, ed infatti il signor Bliss essendo a conoscenza del fatto che "il telefonino" aveva un contratto con la Vodaphone, preferiva chiamarlo Megan Gay. Ma torniamo a noi, Megan si era messo davanti al bambino, aveva tirato fuori il cazzo e mentre se lo menava ripeteva insistentemente: "Allora? Che ne pensi? Non vorresti assaggiarlo? Eh? Eh?...". Il bambino alzo il suo sguardo triste, lo fissò dritto negli occhi, e rispose in maniera molto gentile: "No, guarda, lo dico giusto perchè sei tu. Rimetti il pacco al suo posto e vedi di sparire prima possibile perchè hai già rotto il cazzo!!!". Megan si sistemò in fretta e furia e scappò via. Nessuno lo aveva mai trattato così, anche perchè aveva pure un bel arnese. Il bambino però aveva le palle, e questo la dice lunga. Il bambino ritornò tristemente ai suoi pensieri e dopo qualche minuto arrivò un ragazzino. Molto, molto carino che si avvicinò, si inginocchiò davanti a lui vicino vicino e cominciò: "Ciao bambino, cosa fai qui da solo?". Il bambino con lo sguardo ancora perso nel vuoto rispose: "Non lo so. Io a dire il vero non lo so. Speravo di trovare qui un po' di pace. Ma qui non c'è pace. Io non so". E allora il ragazzino: "Come può un così bel bambino avere degli occhi tanto incantevoli quanto tristi? Non è giusto lo sai? Non è giusto!". Così si fissarono per qualche secondo, poi il ragazzino piano piano si avvicinò ancora di più e baciò il bambino. Ma, per quanto bello fosse quel ragazzino, al bambino non andava di baciarlo e allora lo allontanò e non appena vide la faccia stupita del ragazzino subito disse: "Dentro di me c'è un grande dolore. Io devo solo aspettare che passi. Ma non è questo il modo giusto. Non mi aiuterà a farlo passare e tu non devi arrabbiarti. Io non lo so... Non so cosa dire e non so cosa fare. Ma so di sicuro cosa non devo fare". Il ragazzino fu colpito da quelle parole e non ebbe il coraggio di rispondere. Accarezzò il viso del bambino e si allontanò. Il bambino rimase ancora un po'. Fissava le foglie e i fiori nuovi che lo circondavano. Cercava qualcosa che non avrebbe mai trovato e ne era consapevole. Prima di uscire dal parco decise che avrebbe finalmente accettato il fatto che la sua migliora amica da quel momento in poi sarebbe stata l'attesa.

Questo bambino ha 35 anni. Si chiama David e vive dentro di me. Ogni santo giorno.




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