lunedì 16 maggio 2011

HATTORI HANZO (LAMA NON LAMA)

Oggi voglio presentarvi la nuova rubrica, quella che da oggi in poi ci farà sorridere e non ridere. 
Quella che da oggi in poi ci farà riflettere. 
Forse in maniera diversa.
Buona lettura a voi. 
Benvenuto, finalmente, Hattori Hanzo.






















P|R|E|S|E|N|T|A|Z|I|O|N|I


Chi è Hattori Hanzo?
Non saprete mai chi sono fino a quando non lo scoprirete.
E non parlo del mio volto, delle mie caratteristiche fisiche.
Facciamo un gioco più difficile. Questo è un territorio arduo, per pochi.
Ci scapperà da ridere ma sarà un riso amaro. Sempre.
Perchè io sono un po’ così, come l’angostura. Quella cosa di cui nessuno aveva mai sentito parlare nel supermercato dove vado a spendere.
L’altro giorno cercavo una bottiglia di Campari Bitter. Un classico.
Ultima bottiglia con etichetta edizione limitata. Uno scempio rispetto all’originale.
Ho chiesto al commesso se ne aveva una con l’etichetta originale, visto che era li a rifornire gli scaffali.
E sorridendomi si appresta a cercare il cartone di Campari. Non c’era.
Mi ha visto riporre la bottiglia sullo scaffale. Stavo per andarmene ma lui mi chiede di aspettare.
Sarebbe andato in magazzino a cercarla. Non c’era.
Era un po’ deluso ma mi ha chiesto, sorridendo in modo vivace, come mai volessi proprio una bottiglia con l’etichetta originale.
Non avevo previsto la domanda e i miei erano stati solo moti interiori adeguati alla mia dimensione di solitario. Condizione in cui non devo, da anni, spiegare a nessuno il motivo per cui faccio o penso una cosa. Perciò, sono rimasto immobile e poi ho aggiunto: perchè è bella.
Avrà pensato che erò passato dal bar all’angolo prima di andare a comprare il viakal e l’haagen dazs.
In realtà non me ne fregava un cazzo di quello che stava pensando. Io ero convinto che lui fosse mosso più dalla curiosità di sapere perchè uno come me insegue un’etichetta e non si porta a casa l’ingrediente che gli manca. E nutrivo il dubbio che avesse davvero cercato per me una bottiglia con l’etichetta che io ritenessi giusta, acquistabile.
Ho comprato quella bottiglia. Quella con l’etichetta brutta.
Il giorno dopo, ritornato tra gli scaffali dell’alcol, la mia mente mi ha riportato a quella scena e i miei occhi hanno scandagliato gli scaffali fino a fermarsi sul piano vuoto dove avrebbero dovuto esserci le bottiglie di Campari con l’etichetta giusta. Allora gli ho creduto.
Il giorno seguente, ancora, mi ha salutato e abbiamo scambiato due chiacchiere. Ha un fratello testa di cazzo e lui, invece, si ritiene uno con la testa a posto.
Gli eventi ci cambiano. Non quelli macroscopici come la dipartita di un caro o il fronte iracheno. Parlo di quelli che prima di cambiarci devono accadere decine, centinaia di volte. Lo stillicidio del dolore.
E allora tu non credi ad uno che avrebbe voluto aiutarti ma non l’ha potuto fare; non credi alle scuse di un amico; non credi più. E non senti il senso di colpa quando la realtà si rivela. Se non credi è giusto che ci sia una verifica.
Siamo chiari, con questo non voglio dire il contrario. La verifica la vorrei sempre.
Sono cambiato. Un po’ si. Che sia un bene o un male a cambiare è stata solo la mia “etichetta”.
Voi credete che io stia su uno scaffale e, da sei anni, nessuno mi “prende” perchè non ho l’etichetta giusta?

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